Tirando le somme di Locarno 76
Nella mia vita il Festival del Film di Locarno è stato e continua a essere fondamentale: da una frequentazione per una presunta e confusa cinefilia inizio-adolescenziale a spartiacque che ha svegliato la mia incontrollabile curiosità. Tanto di quello che sono lo devo a questo evento: il processo che mi ha fatto passare dall'amore del cinema a quello per la letteratura e a quello della musica fino a una voglia di comprendere il mondo che mi circonda. Sono abbastanza sicuro che senza il Festival non mi sarei svegliato dal torpore da studente pigro che mi ha posseduto per anni e quindi non mi sarei ritrovato ora, agosto 2023, ad aver finito il primo anno di università in economia politica e letteratura italiana. Sovrainterpretazione? Molto probabile, ma trovo importante esprimere chiaramente ciò che sono stati questi undici giorni; allargando la definizione di Umberto Eco del romanzo (film) come "macchina pigra" che lascia il compito principale, l'interpretazione, al lettore (spettatore), le giornate appena trascorse sono uno straordinario balzo nel vuoto alla ricerca forsennata del senso.
Un ritorno al vero evento che avevamo dimenticato a causa della pandemia, questa settantaseiesima edizione riconferma e smentisce in continuazione. Un Concorso Internazionale interessante come non se ne vedeva da molto tempo: tra gli altri i nuovi Radu Jude, Lav Diaz, Quentin Dupieux, Eduardo Williams, Sylvain George. Il problema, invece, è riscontrabile nella sezione più intimamente legata alla kermesse locarnese, ovvero Cineasti del Presente. Una sezione coraggiosa che ha scoperto, solo negli ultimi anni, grandi autori come Bi Gan, Alessandro Comodin, Damien Manivel e lo stesso Eduardo Williams con il primo El auge del humano e che quest'anno è diventata puramente anonima. Tra il Pardo d'Oro al singaporiano Hao Jiu Bu Jian (Dreaming & Dying) di Nelson Yeo, opera interessante fatta di silenzi, frasi spezzate ed elementi folkloristici a metà tra un Apitchatpong Weerasethakul e l'intimismo di Tsai Ming-Liang. Altri film accettabili quali lo spagnolo On the Go (Maria Gisele Royo e Julia de Castro), il quale percorre territori non solo già esplorati ma edificati e ormai già in rovina del road movie giovanile, nichilistico e irresponsabile fino ad arrivare ad una conclusione misticheggiante e non poco confusa oppure il belga Camping du Lac (Éléonore Saintagnan), racconto di una situazione tra fuga e stallo contornata dalla presenza del mostro leggendario rappresentante di un'idea di mito e fede (il mostro alla fine si vede: sic!).
Le meraviglie incontrate sul cammino del già citato Concorso Internazionale invece hanno stupito. La follia del concorso è stato il terzo capitolo (nonostante l'inesistenza del secondo) del Pardo d'Oro di Cineasti del Presente 2016 Eduardo Williams: El auge del humano 3 è un'esperienza irriducibile alle interpretazioni tentate; potrebbe essere il racconto di un mondo post una possibile apocalisse avvenuta nel secondo, dove il digitale ha inglobato e reso tutto liquido, multiforme, poliglotta e delirante. Avvalendosi di tecniche VR poi modificate per essere esperibili in una sala cinematografica dando un senso di grandangolo totalizzante, l'argentino classe '87 estremizza la frammentazione del primo capitolo in un susseguirsi di immagini e singoli racconti (Sri Lanka, Taiwan, Perù?) che si intrecciano sia per dialoghi (sempre sconnessi e di difficile, probabilmente impossibile interpretazione) sia per personaggi che ritroviamo dall'altro capo del mondo: in quest'opera tutto viene affermato e negato, separato e unito in una liquidità diegetica che evapora e lascia di sasso. È la rappresentazione del mondo digitale? È l'arrivo al sogno di Gendo Ikari, un "Progetto di Perfezionamento dell'Uomo" nel quale l'umanità diventa Uno nel liquido amniotico/mare di LCL (vedi le scene in acqua) e ognuno esperisce l'Altro? Alla domanda sul secondo capitolo Williams ha risposto che non esiste, ma ancora non sappiamo se esisterà mai. È fondamentale però che questo autore, uscito a mani vuote dalle premiazioni locarnesi, si rifaccia in un altra competizione e gli venga riconosciuta l'audacia del grande visionario che è: non possiamo perdere un autore così interessante.